Usu latinae linguae verba nova et insolita explicare.
Ovvero spiegare cose nuove con parole vecchissime…
Lingua Clara si inserisce nella cornice di ATB Associazione Culturale con la volontà di mostrare le potenzialità di una lingua, considerata ormai obsoleta, ma che si dimostra invece contemporanea e viva. Non si propone di usare il latino che avrebbe utilizzato Cicerone, ma sfrutta, piuttosto, la struttura e i termini, anche quelli insoliti, del latino con l’obiettivo di intessere un gioco tra chi scrive e chi legge: quello di capirsi attraverso parole lontane, evocative, insolite, che nella loro verità eterna palesano un significato immediatamente chiaro. Non serve conoscere il latino per capire il significato di questo latinorum!
Pornografia: Nuda corpora sine arte exposita sunt
Curiosità
Perché la nudità ci colpisce così tanto? Eppure, tutti abbiamo un corpo. Che differenza c’è tra nudo artistico e pornografia? Qual è il sottile confine che detta l’appartenenza di un’opera al mondo dell’arte, piuttosto che alla mercificazione del suo aspetto? Di sicuro non la bellezza, o la posa. Né si tratta della persona a cui quel corpo appartiene. Dal voyeurismo alla gimnofobia, non sembrano esserci mezze misure che escludano del tutto una forma di pudor, che affonda le proprie radici nelle culture mortificanti postclassiche.
La nudità, nelle società antichissime, nella moda primitiva di una civiltà in nuce come era quella dei cacciatori-raccoglitori, non aveva in sé nulla di strano. Dalla Venere di Willendorf alle raffigurazioni della misteriosa Ishtar osserviamo la naturalezza e la libertà con cui venivano rappresentati corpi che più tardi abbiamo imparato a nascondere e coprire. Gli antichi Greci, nudi, facevano sport ogni giorno proteggendosi dal sole, dalla terra e dagli avversari il minimo sufficiente così come centinaia di statuette itifalliche, calchi di seni e di uteri popolavano città come Pompei e avevano semplicemente valore propiziatorio. Ci sorprendiamo forse a scoprire nei geroglifici egizi la raffigurazione di scene di circoncisione o la presenza di ideogrammi che simboleggiano l’atto di orinare e fatichiamo a familiarizzare con gli affreschi erotici delle ville romane. L’intimità, allora, non era affatto scandalosa.
Tuttavia, lo sarebbe diventata presto perché, mentre al collo dei passanti ancora pendeva il fascinus, amuleto contro il malocchio dalla forma inconfondibile, e nei villaggi di pastori si praticavano riti per la fertilità e misticismi dal sapore ancestrale, una nuova rivoluzione culturale si diffondeva e mortificava il corpo in favore della vita eterna. Stiamo parlando, ovviamente, dell’avvento del Cristianesimo, che si rivela determinante mezzo di controllo sociale e che contribuisce alla repressione sessuale con i propri dogmatismi. Un buon motivo per cui il corpo della donna viene di colpo coperto, diventando proibitivo e dunque ancor più desiderabile, e quello dell’uomo perde interesse è anche la mancanza di risorse a sostegno della crescente pressione demografica; pertanto dobbiamo ricercare le cause di questa scelta politico-religiosa nella sollecitazione dell’equilibrio sociale esercitata dalle nascite, eccessive per le possibilità del tempo e dovute alla scarsa affidabilità dei mezzi contraccettivi, che tra profilattici di budella animali o stoffa e pratiche di allattamento continuato (per sfruttare il ruolo ormonale della prolattina) non potevano impedire un’impennata nella curva demografica, tra una carestia e l’altra.
Questa demonizzazione del sesso aveva come scopo quello di ritardare il più possibile, con normative stringenti e assiomatiche, il momento dell’unione coniugale, per restringere la finestra fertile della donna e allentare la pressione demografica in un contesto in cui le risorse erano perennemente scarse. C’era ovviamente una sostanziale differenza tra le diverse classi sociali: se i poveri contavano sui figli in quanto forza lavoro e una volta sposati ne avevano molti (e molti ne perdevano per assenza di mezzi di sostentamento adeguati), i ricchi non potevano rischiare di dilapidare il patrimonio in più di un erede e tendevano ad applicare un più rigoroso controllo delle nascite anche in compresenza di leggi patrimoniali. I nobili avevano spesso, in realtà, figli bastardi dalle concubine. Una categoria a parte è quella dei monaci, perché laddove la repressione degli impulsi primari si fa più forte, troviamo le contraddizioni più divertenti e umane: dai manoscritti erotici svaniscono, strappate furtivamente, le pagine contenenti i brani più scabrosi, ma questo non avviene per celarle al pubblico e rendere l’opera adatta alla divulgazione (anche perché i libri nel medioevo erano merce rara e preziosa), bensì per conservarle segretamente e rileggerle di nascosto. In genere, storicamente, le più evidenti incongruenze tra quanto veniva predicato e ciò che si faceva emergevano nei periodi di più forte repressione: l’epoca Vittoriana, ad esempio, pur riconducendo alla vergogna e al pudore tutto ciò che riguardava la fisiologia, metteva in mostra l’esasperazione dei caratteri sessuali, con l’utilizzo di corsetti strettissimi che evidenziavano il seno e la forma del corpo “a clessidra” per le donne e ampi pantaloni a vita alta per gli uomini. Proprio il termine “pornografia” nasce in questo periodo per indicare ogni forma di rappresentazione libertina del corpo umano, prodotti illegali e vergognosi che iniziano a circolare sottobanco poiché non sono più considerati manifestazioni accettabili di un erotismo naturale.
Ne sono un esempio i numerosi libri dove vengono dipinte scene esplicite nel taglio, proprio perché non si vedessero, se non piegate con le mani ad una certa angolazione. Poiché raro, il nudo – soprattutto femminile - acquisisce valore e viene commercializzato in formato tascabile. L’arte invece, con un processo e un obiettivo opposti, acquisisce la licenza di sublimare le divinità in una stoica perfezione, intoccabile e pura, e di mostrare gli esseri umani senza vesti, poiché esposti nella loro verità, nella prigione del corpo, nella dimensione del martirio, della sofferenza quotidiana, della povertà, della privazione della dignità che l’abito conferisce.
C’è una differenza evidente nell’approccio al nudo maschile e a quello femminile, a riprova di questo: mentre nell’arte sono coesistiti, il nudo maschile a scopo pornografico nasce solo oggi, a sottolineare gli effetti dei movimenti femministi, che richiedono parità di trattamento e dunque anche accesso alla pornografia. Nasce ora anche perché genericamente meno richiesto, sia per motivi biologici che culturali. Gli uomini e le donne sono diversi e sono suscettibili a stimoli differenti: studi scientifici hanno dimostrato che le donne eterosessuali non sperimentano eccitazione alla vista dei genitali maschili, mentre è risaputo che gli uomini sono tendenzialmente più stimolati dai segnali visivi. Allo stesso tempo il nudo maschile a carattere pornografico si diffonde negli anni ‘70 per rispondere alle esigenze di uomini omosessuali di e donne sempre più indipendenti che, sdoganatesi dall’impegno familiare e finalmente in possesso di prospettive lavorative, non sono più vincolate al ruolo passivo di mogli e madri. L’acquisizione di un’agency, e il cambiamento di prospettiva che permettono loro di avere maggiori libertà e meno vincoli nella scelta di un partner, favoriscono la diffusione di contraccettivi efficaci e il controllo delle nascite smette di essere un problema. Non serve più demonizzare il sesso e il corpo, che ne può suscitare il desiderio. Soprattutto quello femminile, perché appunto mater certa est: in passato, se gli uomini avevano la possibilità di evitare le responsabilità di un concepimento, le donne ne subivano le più orribili conseguenze e il parto si svolgeva in condizioni igieniche per cui non si osservava nemmeno la semplice pratica del lavaggio delle mani, introdotta negli ospedali a seguito delle pressioni di Semmelweis. Stiamo parlando del tardo 1847, periodo in cui i dottori che facevano autopsie toccavano poi i genitali delle partorienti senza nemmeno uno sciacquo veloce, né cambiavano le lenzuola tra malati, puerpere e morti. Così nasceva la #contaminazione. Semmelweis morì in una clinica psichiatrica per la cattiva reputazione che si fece tra i dottori dell’epoca e solo nel 1879 Pasteur dimostrò la contaminazione batterica, rivoluzionando la medicina moderna. Possiamo dire che nella vergogna della nudità sono cresciuti i nostri nonni, e i nonni dei nostri nonni. Lo chiamiamo “mondo bigotto” quello in cui non veniva trasmesso nemmeno un bacio in televisione. Eppure, l’arte non si è mai fermata, non ha mai smesso di urlarlo, al mondo, che era bigotto, che il re era nudo. Che tutti, sotto ai vestiti, un corpo lo avevano. E che non doveva per forza avere a che fare col sesso, oppure sì, perché no? Non c’è nulla di più naturale e non ci saremmo né tu, né io. Ma qual è la differenza, allora, tra pornografia e arte? L’arte è rappresentazione consapevole o sublimazione della realtà. La pornografia è valore di mercato. L’arte è concetto, tecnica, provocazione intellettuale. La pornografia è corpo, tecnicismo, provocazione fisiologica. A volte, con un nudo si mostra ottima arte. A volte, con un pretesto d’arte si mostra solo un nudo. Lo si vuole rimirare, ma con fare intellettuale perché se no mette a disagio e noi, si sa, siamo ancora un po’ bigotti.
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