.“Poi ci sono i nostri artisti che ci fanno tanto divertire". Vi ricorda nulla? Una frase infelice dal tono mediocre pronunciata in una sede istituzionale in un discorso autoreferenziale su un futuro rilancio della cultura che ahimè, non si è ancora visto. Una frase che riduce il concetto di arte e cultura ad un semplicistico processo d’intrattenimento. Eppure c’è stato un tempo in cui l’arte, la musica, la poesia, il teatro, la letteratura, ammaestravano, educavano, sostenevano; accaloravano, infervoravano e talvolta galvanizzavano; commuovevano, sconvolgevano o inducevano alla catarsi, turbavano, sconcertavano, indignavano; deliziavano, edificavano e a volte, anche, “divertivano”. Queste solo alcune delle cose che l’arte può creare, da tempo immemore direi, addirittura da prima che iniziasse la storia - anche se, purtroppo, non tutti se ne accorgono - come ben argomentato nella più recente fatica letteraria sull’arte preistorica: “Il Grembo del Tempo” di Maria Erovereti in uscita a novembre 2020 per AtbEdizioni.
“Seduta su una panchina all'ombra di un vaporoso albero rosa, Arianna ammira la trasparenza della costruzione e riflette sulla mostra che si appresta a visitare…”
Ecco l’incipit dell’intelligente trattazione sull’arte preistorica della poetessa, artista e scrittrice Maria Erovereti; un percorso multiforme e composito tra ricordi, tenerezze, curiosità.
Il viaggio nel tempo di un’artista attraverso quelle forme d’arte che, più di altre, rispecchiano lo spirito umano tra immanenza e trascendenza e che, più di altre nella loro primogenitura, sono attuali e contemporanee. Nel suo viaggio agli albori dell’arte, dal Paleolitico fino all’Età del Ferro, Maria Erovereti si lascia affascinare dalle pitture rupestri legate alla rappresentazione della vita quotidiana che a poco a poco, attraverso i millenni acquisiscono caratteri magici e propiziatori nella loro ansiosa e vana ricerca di dare spiegazione sia ai fenomeni naturali che ai misteri della vita e della morte. Rappresentare le prede da cacciare, realizzare statuette di donne con grembi materni e seni abbondanti acquisiva dunque, prima della storia, un significato soprannaturale e propiziatorio giacché raramente assumeva valore decorativo o estetico (legato cioè solo al piacere della visione dell’opera) anche se, agli occhi dei contemporanei, l’impatto artistico è davvero importante. Nelle raffigurazioni di animali sulle pareti sconnesse delle grotte non dobbiamo vedere in maniera semplicistica quegli animali in grado di fornire carni, pelli e grasso, ma animali caratterizzati da un valore simbolico molto alto (come i bisonti, i mammut, i cavalli...) a noi in gran parte sconosciuto. Entità femminili, mani, riferimenti al quotidiano, cronache di caccia - rappresentati con tale perizia da imprimere quasi tridimensionalità al soggetto attraverso le tecniche più varie: dalla pittura al graffito, dalla tamponatura allo spruzzo mediante cannucce di osso, allo stampo.
E i materiali? Tutti ovviamente naturali – carbone, terre, minerali, vegetali – impastati con grasso o sangue di animali o più semplicemente con acqua o ancora usati a secco.
Molto c’è ancora da dire su questo libro coinvolgente e curioso, ma non vorrei farvi “divertire” troppo e troppo presto. Son certo che vorrete voi stessi rimanere ammaliati, in questo periodo di “reclusione” che vero-similmente ci attende, dalle suggestioni di questo testo elaborato da un’artista che scrive di sé parlando d’arte in maniera poetica.
Così tanto per divertirvi un po’...
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